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La Superrandonnée dei 100 Bersaglieri significa più di 600 chilometri e 15000 metri di dislivello in soli 60 ore, pause comprese. 

la mia video (6 min):

Il mio compleanno si avvicina – aiuto! Già al 61°. Su Facebook vedo che qualcuno ha osato affrontare la Superrandonnée dei Cento Bersaglieri. Finora solo una manciata di coraggiosi ha intrapreso questa sfida avventurosa, tra cui solo una donna. Chissà quale diavolo mi ha spinto a fare questa decisione, ma improvvisamente decido di farmi questo regalo di compleanno. Ma riuscirò a farcela? Sono resistente, ma forse troppo lento come una „lumaca“. Mi prometto che se non riuscirò a portarla a termine, mi iscriverò presto a un corso di ginnastica per anziani. Dovrebbe essere motivazione sufficiente. E se anche solo vagamente ho una possibilità, sarà solo a costo di pause e sonno.

Alle 5 del 6 ottobre partenza. Lo shock mi sveglia completamente: Musseu improvvisamente appare davanti al mio California, filmando senza pietà la sonnolenta Gabi. Poi viene immortalata la partenza. Ora devo solo pedalare e passare per 18 punti di controllo con molti metri di dislivello tra di essi. Le foto devo inviarle immediatamente su WhatsApp come prova. L’avventura può cominciare.

E ciò che mi attende nei prossimi due giorni e mezzo (60 ore) lo sperimento subito nei primi chilometri, perché devo affrontare alcune salite ripide. Musseu l’aveva chiamato „spaccagambe“.

Nel costante sali e scendi non sono particolarmente veloce al Lago di Garda, dove pensavo che avrei facilmente coperto quei pochi chilometri in fretta – il profilo altimetrico mi ha preso in giro spietatamente. Certo, rispetto a ciò che mi attende, queste poche „colline“ sono niente. Vedrai, Gabi!

Una breve pausa per le gambe lungo il lago, poco traffico, una bellissima atmosfera mattutina. Improvvisamente divento pallido, la mascella mi cade dallo spavento. Ma Musseu, non può essere… Non molto lontano da me, c’è la Punta Veleno, considerata la salita più difficile sul Lago di Garda. Una pendenza media del 14,6% con punte del 20%. E non ci sono momenti di respiro. Per mia fortuna, devo svoltare prima. La fortuna dura solo poco, perché simile alla Punta Veleno, devo affrontare una salita fino a 18% di pendenza verso Lumini. In seguito mi diranno che questa salita è chiamata „la sorella piccola“ tra gli intenditori, la piccola sorella della Punta Veleno.

In discesa, cerco invano il prossimo punto di controllo, „il Platano dei 100 Bersaglieri“. I Bersaglieri erano un corpo dell’esercito italiano, originariamente dell’esercito piemontese, che in seguito divenne parte dell’Esercito Italiano Reale. Sembrerebbe che durante la Seconda Guerra Mondiale alcuni soldati si fossero nascosti tra i rami di questo albero monumentale. Non ho tempo per riposarmi all’ombra di questo albero, che pare sia germogliato da un seme nel 14° secolo. Sono passato oltre l’albero e ora devo fare marcia indietro di alcuni chilometri per scattare la foto come prova. Che sfortuna, considerando che non posso permettermi di perdere tempo.

Ora la strada riprende a salire ripida. Sulla mia Garmin non ci sono percentuali amichevoli per le gambe… Vedo Spiazzi in alto sopra di me. Decido di non fare la pellegrinaggia (vicino c’è il monastero di Madonna della Corona, spettacolarmente scavato nella roccia), ma di ristorarmi con una Coca-Cola e una Fiamma, un dolcetto al mousse di cioccolato ricoperto di cioccolato. Devo anche prendere dell’acqua. Poi continuo – lontano dalla folla turistica. Ma presto mi rendo conto che quella Fiamma non mi dà molta energia.

Pochi chilometri ma diversi metri di dislivello più tardi, una panchina mi invita a fare una pausa per mangiare un po‘ di pane. Non ce la faccio più. Fa un caldo così torrido che sembra essere piena estate, non già da due settimane autunno. Se già ora sto cedendo, dopo nemmeno 100 chilometri e 3000 metri di dislivello… come sarà il resto del percorso? Fino al luogo in cui ho pianificato di dormire ho ancora quasi 150 km e altri 3000 metri di dislivello. Vedo nero, anche se qui c’è una luce accecante. Dopo aver ingoiato il mio pane, l’acqua per sciacquarmi è già finita… mi sdraio brevemente sulla panchina per un breve pisolino. Ma il sonno non arriva e quando un riccio mi cade in testa, parto via infuriato. La motivazione è tutt’altra cosa.

Ora la pendenza diventa estremamente ripida e scendo dalla bicicletta, spingendo per un chilometro. Sto già pensando che non attraverserò la Val d’Adige, ma piuttosto svoltare a nord per tornare a casa o forse è meglio andare a sud e prendere l’auto. I 100 Bersaglieri non sono assolutamente fatti per me! Poi la strada si fa di nuovo più facile e una breve discesa mi porta fino alla foto di prova presso il Rifugio Graziani sotto la vetta dell’Altissimo. Dopo questa tappa energivora, si scende a tutta velocità per molti chilometri.

Nella valle in basso mi attende il Bicigrill Ruota Libera. Mi siedo lì comodamente all’ombra e rifletto. Cosa fare? Vale la pena sottoporsi a questa tortura? È già pomeriggio e chissà quando potrò trovare un posto dove dormire. Attraversare la notte e magari anche la successiva? Impossibile! Questo intero sforzo ha senso? Non riuscirò mai ad arrivare a Verona in tempo. Perché continuare a tormentarmi? Ora le ombre si sono allungate, il caldo è passato, decido di dare ancora una piccola possibilità a tutto ciò. Voglio ancora affrontare la Peri-Fosse. Posso sempre scendere a valle.

Ora fa un po‘ più fresco e le 11 curve attraverso il fitto boschetto mi sembrano abbastanza facili da affrontare. Dopo ogni chilometro mi „costringo“ (scherzo!) a fermarmi per bere un po‘. Anche il breve passaggio con una pendenza del 15% quasi alla fine del percorso, il cui esistenza mi viene in mente durante il viaggio, non è così terribile. A Fosse di nuovo pausa per una pausa con Coca-Cola e gelato. Oggi sembra che non riesca a smettere di fare pause… Beh, non importa, comunque non arriverò mai a Verona. Continuo.

Devo salire sull’Altopiano Lessinico. Il bar è già alle spalle, quando mi accorgo di avere troppo poco acqua. Ho solo una piccola bottiglia rimasta. Chi sa quando troverò il prossimo pozzo il giorno successivo… Ho deriso un collega ciclista che suona alle porte per crema solare, acqua e bagno, ma ora sembra l’unica soluzione: devo chiedere in uno degli ultimi caseggiati di Fosse. Suono il campanello. Una anziana signora gentile mi apre, sembra non capire del tutto cosa voglio, ma quando le porgo la mia borraccia, capisce. Per fortuna! Perché dopo quella casa non c’è davvero più acqua per molto tempo.

Motivato, ora supero anche un tratto scomodo di ghiaia e mi arrampico verso l’alto in direzione Malga Lessinia. Ora sta iniziando a fare buio. Il cielo è dipinto di un rosso fantastico. All’orizzonte vicino appaiono due grandi sagome, due cervi, che si spaventano come me e scappano via. Gli alberi si fanno più radi, ma il vento fresco si fa più forte. Nel punto più alto, mi metto la mia sottile giacca trapuntata. Breve discesa e poi devo salire di nuovo verso Malga San Giorgio.

In realtà avevo pianificato di salire anche la prossima „montagna“, ma sono già quasi le 10 e decido di continuare solo fino a Selva di Progno, perché più di 6000 metri di dislivello in un giorno mi sembra un po‘ esagerato. E forse il profilo di pendenza „velenosa“ che mi aspetta domattina sarà più facile da affrontare.

L’ultima discesa di questa giornata si svolge lungo una strada appena asfaltata. Che fortuna che ho avuto! Scendo a tutta velocità. Da un angolo dell’occhio vedo un movimento e improvvisamente un grosso grumo grigio si avvicina a me. Sento le unghie scricchiolare sull’asfalto, e l’animale è già accanto a me. Faccio una brusca sterzata e riesco appena ad evitarlo. Cos’era mai quello? Mi rendo conto che era un tasso adulto. Con le gambe che tremano, riprendo la corsa. Ma ora vado avanti solo a un ritmo più moderato. Chissà cosa potrebbe attraversare la strada di notte. Peccato che debba passare di qui al buio. Sembra che ci sia molta attività qui, vedo pareti rocciose accanto a me e grandi massi, forse un burrone? In realtà, non è il mio tipo preferito di ciclismo, perché preferisco ammirare i paesaggi di giorno.

La pausa notturna è breve, intorno alle 4 mi rimetto in sella. Due salite (come sospettavo, molto impegnative) e sto procedendo verso Recoaro Terme, ai piedi delle Piccole Dolomiti. È ora di colazione! Poi diventa serio, devo affrontare 1200 metri di dislivello fino al Rifugio Campogrosso, sotto le splendide vette del Gruppo Carega. Il colore rosso scuro sul profilo altimetrico annuncia qualcosa di brutto. La pendenza, sotto il sempre più caldo sole, è di nuovo implacabile e mi fa dubitare per l’ennesima volta.

Ma la sofferenza passa e la successiva discesa e la sosta al Passo Xomo fanno miracoli. C’è ancora un pezzo fino alla salita all’altopiano delle Sette Comuni, prima una discesa e poi, come dicono gli italiani, un „falso piano“, sembra solo che sia pianeggiante… Le innumerevoli curve verso le 7 Comuni sono sotto un sole cocente, ma con una pendenza moderata. In qualche modo devo convincermi del lato positivo. Una foto di prova a Rotzo (nome divertente, in questo luogo si parla cimbro). Purtroppo è ancora mezz’ora troppo presto per assaporare le specialità di gnocchi offerte qui in cima, ma mi concedo un gustoso toast con formaggio Asiago.Presto farò una sosta al supermercato, devo fare rifornimento perché il giorno successivo è domenica. Il kefir, che bevo solo durante le lunghe pedalate in modo interessante, mi rinfresca immediatamente. Il mio corpo sembra averne bisogno in qualche modo. E in queste situazioni bisogna ascoltare il proprio corpo, almeno in questo contesto. Se avessi ascoltato il mio corpo ieri, forse ora non sarei qui… mi aveva già fatto capire dopo 100 km e 3000 metri di dislivello: „Gabi, stai esagerando!“

Fantastico, ora procedo veloce quasi in piano sull’altopiano, passando anche per Asiago. Trovo il traffico qui un po‘ meno piacevole. All’estremità opposta delle 7 Comuni c’è la discesa nella Valsugana e subito dopo, a Primolano, risalgo di nuovo, passando per le opere fortificate della Prima Guerra Mondiale.   

Una nuova crisi mi coglie: mi sto avvicinando a Caupo, punto di partenza per la salita al Monte Grappa. Ci sono stato già una volta. Ma naturalmente quella volta sono salito di mattina presto. Ora, invece, sono appena le 18:00 e sta già facendo buio lentamente. Ricordo che all’epoca abbiamo mangiato in una piccola pizzeria a Seren del Grappa e lì abbiamo anche potuto affittare una stanza. Potrei sfidare il destino e chiamare lì per vedere se hanno una stanza libera… così potrei fare colazione comodamente domani mattina e poi scendere lungo la bellissima pista ciclabile fino a Bassano del Grappa, anziché salire ora sopra la montagna al buio… Cosa ne pensi?

In realtà avevo pianificato di attraversare il Monte Grappa e poi cercare una stanza da qualche parte. Ma ora sembra che questo non sia più possibile, perché quando raggiungerò l’altra parte e sarò di nuovo ai piedi della montagna, sarà sicuramente già passata la mezzanotte. Oh no! Posso permettermi alcune ore di sonno? E quanto è sano farlo? Dopo 400 chilometri e oltre 12.000 metri di dislivello, è giusto non concedere al corpo alcun riposo? E cosa succederà nella discesa dal Monte Grappa? Sono più di 20 chilometri… dovrò lottare contro la stanchezza?

Rifletto a lungo e nel frattempo ho già svoltato. Qui inizia la salita più lunga verso il Rifugio Bassano, lunga quasi 29 chilometri con un dislivello di 1600 metri. Posso salire per un po‘ e poi scendere di nuovo… Mentre faccio i conti e continuo a farli… impiego più di 8 minuti per percorrere un chilometro, quanto ci metterò quindi a raggiungere la cima? Oh no, troppo tempo! Mentre il mio cervello „corre“ – cioè, si occupa di allenamento mentale, dopo tanta fatica i calcoli non sono più così facili, quindi mentre faccio i conti e continuo a farli, ho già percorso i primi 8 chilometri.

Faccio una breve pausa per mangiare e all’improvviso la situazione non sembra più così brutta. Breve pendenze ripide si alternano a tratti pianeggianti.

Ecco! Nell’oscurità improvvisamente una macchina si ferma davanti a me. Il finestrino viene abbassato. Mi chiedono se ho sentito o visto qualcosa. Il conducente aveva perso la sua „femmina“ di due anni nel pomeriggio e qui ci sono i lupi… È terribile, come può un bambino perdersi? Esprimo ancora una volta il mio orrore. Mentre continuo a pedalare, mi rendo conto che la „femmina“ era in realtà una giovane cagnolina. Ma comunque, poverina! E i lupi? Qui? Aumento la velocità.

Alla fine raggiungo il bivio per la vetta. I quasi tre chilometri sembrano non finire mai, ma alla fine ce l’ho fatta! Ed è solo mezzanotte, più presto di quanto mi aspettassi. Qui c’è un vento forte che quasi mi strappa la bicicletta dalle mani. Mi cambio velocemente e inizio subito la discesa. All’inizio avevo paura che durante la discesa notturna potessi essere colpito da attacchi di sonnolenza improvvisa, ma sono ancora abbastanza fresco quando arrivo a Bassano.

La ricerca di un rifugio si rivela inizialmente poco fruttuosa. Un parco è troppo luminoso e esposto agli sguardi, un giardino di un hotel verrebbe sicuramente chiuso e al di là di strade e marciapiedi non c’è nulla. Poco prima della prossima salita, trovo il posto ideale per dormire. Una chiesa con un giardino nascosto. Preparo il mio campo e sto per infilarmi nel mio sacco a pelo quando sento dei passi. Due uomini svoltano l’angolo e si dirigono verso un ingresso molto vicino a me. Oh no, cosa faccio adesso? Non sono invisibile e i riflessi sulla mia bici riflettono la luce improvvisamente accesa. Chiedo timidamente se posso dormire lì. Uno dei due uomini, che presumo siano un prete e un sagrestano, acconsente prontamente e mi apre persino una sala per eventi, dove posso utilizzare il bagno e il lavandino. Che gentilezza!

Vorrei concedermi ora 3 ore di sonno, non posso fare di più, perché ho ancora molto da fare e devo essere a Verona esattamente alle 17:00 per essere incluso nella classifica dei randonneur. Per la classifica turistica ho in totale 8 giorni di tempo, ma lunedì devo tornare a lavorare. Dormo bene, il mio sveglia suona troppo presto e verso le 3:00 ho già raccolto le mie cose e continuo a pedalare.

Nun steht noch ein erster ernstzunehmender Berg vor mir mit etwas mehr als 1000 Höhenmetern, dann noch 6, ich nannte sie zu der Zeit noch „Hügel“. Heute sollten es nicht mehr wie 4500 Höhenmeter mit knapp 150 Kilometern werden. Erst jetzt erkenne ich, dass ich nun wieder auf die 7 Comuni – Hochfläche muss. Die Straße schraubt sich im Dunkeln nach oben. Ab und zu kommt mal ein Auto entgegen. Was machen die denn so früh. Ich hoffe, dass die mich sehen, ganz verschlafen, wie sie wahrscheinlich sind.  

A un certo punto sento il bisogno urgente di mangiare qualcosa e faccio una breve pausa. Poco dopo passo attraverso un paese e non posso credere ai miei occhi: ora sono davanti a un bar illuminato a giorno, da cui fuoriesce musica e grida forti. Ma cosa succede? Hanno già aperto? Ho assolutamente bisogno di un caffè macchiato con due zucchero!! No, non hanno „già“ aperto, ma „ancora“! Ottengo il mio caffè e vengo coinvolto in una conversazione, con incredulità su dove vengo così presto. Un tale Luciano mi racconta che da ieri ognuno si è alternato a offrire un giro, sono tutti molto divertiti. Luciano quasi non riesce a credere alla mia impresa, pensa persino di dovermi offrire una stanza perché devo sicuramente dormire urgentemente. No, grazie, in realtà devo continuare in modo urgente. Non è facile dire addio.

Ma poi pedalo di nuovo nell’aria fresca della notte verso il punto più alto. Bosco solitario. Eccolo! Una macchina dietro di me, rallenta, si avvicina, rallenta ancora e alla fine si ferma accanto a me. Con il finestrino abbassato, Luciano mi dice che l’offerta della stanza è ancora valida. Vuole aiutarmi. Dico esplicitamente „no grazie!“ e l’auto riparte. Poco dopo arriva una macchina in direzione opposta, e poco dopo ancora un’altra dietro di me, rallenta, si avvicina, rallenta ancora… poi mi supera e se ne va. Respiro sollevato, pensavo fosse di nuovo la stessa persona che offriva aiuto.E se pensavo che gli automobilisti qui fossero mattinieri, sono stato smentito: ci sono persone in giro che, dato il loro tasso alcolico, non dovrebbero nemmeno guidare…

Per fortuna ora devo svoltare alla Bocchetta Galgi e mi preparo rapidamente per una discesa veloce. Lungo la strada si fa giorno e a quest’ora trovo un bar aperto pieno di cacciatori. Qui mi rifornisco abbondantemente di brioche. Rinvigorito, proseguo il mio cammino.

La prima collina chiama. Se non avessi pensato così sprezzante a ciò che mi aspetta di fronte, quelle poche colline… Mi rendo conto durante i primi metri di salita che non sono colline, ma „nani velenosi“! Pendenze implacabili rendono le salite di 300-400 metri una tortura. Inoltre, il sole presto picchia implacabilmente. Musseu ha appeso dietro ogni possibile montagna ripida. Non smetto di fare calcoli… Riuscirò a farcela entro le 5?

Nel frattempo, il mio Garmin Edge ha deciso che è abbastanza… Lo schermo non mostra più la direzione del mio movimento, ma è orientato a nord. Non augurerei a nessuno di capire cosa significhi. Il mio povero cervello di ciclista non è già abbastanza tormentato, e ora mi trovo di fronte a un compito quasi impossibile: se vado a nord, tutto va bene, la freccia indica nella giusta direzione. Ma se vado a sud, la freccia sulla mia schermata va nella direzione opposta. Tutto gestibile fin qui. Ma le cose si complicano quando arrivo a un bivio. Se sto andando a sud, significa che devo girare a destra quando la freccia sul dispositivo punta a sinistra. Oh no, oh no. Quanto tempo mi costa questa confusione. E‘ particolarmente difficile quando devo girare a sud-ovest o a sud-est… Credo di aver confuso abbastanza i miei lettori… Il Garmin è sempre stato il mio fedele compagno, ma penso che non dovrei imporgli un tale sforzo tutto d’un colpo, solo a me stesso, non al mio dispositivo.

 

Infine, nonostante tutto, l’ultima salita ma una delle penultime. La conosco, anche se non da questa ripida parte. Ora manca solo Castel San Pietro, il meraviglioso punto panoramico sopra Verona. Una foto come prova e poi è solo discesa. Nella mia gioia naturalmente perdo di vista la meta. Ero convinto che il punto finale fosse a Negrar, da dove ero partito. Quando mi rendo conto del mio errore, sono già completamente perso nelle strade di Verona. Il problema del Garmin non mi è d’aiuto, non ho idea di dove mi trovo, devo affidarmi a Google.

Così spreco un’intera ora prima di trovare l’ultima postazione di controllo. Non importa, sono comunque un’ora e 15 minuti prima della mia „chiusura obiettivo“… Finalmente.

L’avventura si conclude con un’enorme coppa di gelato con 4 palline… Me le sono davvero guadagnate!!!

Guardando indietro, sono incredibilmente orgogliosa di me stessa, 600 chilometri con 15.000 (!!!) metri di dislivello… Mi sono probabilmente gettata completamente ingenuamente in questa avventura e ancora oggi non riesco a credere di avercela fatta, anche nel rispetto dei tempi – e che ora non devo ancora passare alle „ginnastica per anziani“.…

Conclusione:
Posso solo consigliare la Superrandonnée dei 100 Bersaglieri a chi è un po‘ (molto) resistente al dolore…

Grazie, Musseu! La prima volta che ne ho sentito parlare, ho pensato tra me e me: Una cosa così pazza, sicuramente non é niente per me… Non so quale diavolo mi abbia preso …